Questa mattina abbiamo preso lo
zaino valigia ed in quadrato ci hanno portato
in magazzino a prendere il vestiario.Entrati ci hanno fatto
spogliare dei nostri abiti civili, eravamo praticamente in
mutande, in uno stanzone privo di riscaldamento dove l'unico
tepore proveniva da una piccola stufetta elettrica posta in un
angolo. Prima di tutto ci hanno preso velocemente le misure e
vicino alla predetta stufetta, ad uno ad uno abbiamo provato le
taglie che ci indicavano.
Poi uno alla volta siamo passati in una stanza attigua
dove abbiamo ritirato il nostro corredo che consisteva in una
maglia con maniche lunghe da sotto con relativi calzoni lunghi ,
di lana (che nessuno di noi ha mai adoperato tranne per qualche
servizio di guardia notturna quando faceva veramente freddo), un
paio di canottiere verdi, una tuta da combattimento (quella
verde), tre paia di calzini, una drop completa di camicia
cravatta golf giacca pantaloni e cintura, scarpe da libera
uscita, anfibi e basco (detto "discovolante" da grande
che era).
Ci siamo rivestiti e posto tutto il corredo nello zaino ,
siamo ritornati in camerata dove i nostri caporali ci
hanno insegnato ad indossare gli abiti militari.
Abbiamo finalmente indossato la tuta da combattimento con
gli anfibi; non ci sentiamo più dei civili, ora siamo a tutti gli
effetti degli "allievi paracadutisti" orgogliosi del
nostro "discovolante" amaranto in testa.
Pomeriggio ore 14,40: siamo pronti per i primi
insegnamenti. Ci conducono in quadrato nel piazzale antistante
le "torri" vicino al "percorso di guerra" e
quì si incomincia a marciare; gli anfibi nuovi stentano ad
adattarsi ai nostri piedi che già fanno male ma i nostri
istruttori ci dicono che col tempo ci abitueremo.
Impariamo così i vari comandi come il
"passo" sul piede sinistro, il volta a destra e
sinistra, il dietro front ecc. ecc..(durante le marce abbiamo
diritto ogni mezz'ora a 5 minuti di riposo). E così avanti fino
alle 18,00.
Siamo stremati ma consci di aver ben superato anche questa
giornata e contenti ritorniamo in camerata a prendere gavetta e
gavettino per andare a cenare.
Alla sera, la nostra prima libera uscita; il nostro
caporale ci ha insegnato come si indossa la drop e alla fine
ha consegnato a ciascuno un biglietto con il numero di telefono
della caserma raccomandandoci di tenerlo sempre in tasca assieme
al resto dell'"equipaggiamento d'ordinanza" che
comprendeva obbligatoriamente: un gettone telefonico - un
pettine - trenta centimetri di carta igienica - una spilla da
balia - un bottone della drop - ago e filo.
ATTENZIONE, se la
ronda ci fermava e uno di noi veniva trovato sprovvisto di uno
solo degli oggetti sopra elencati, era punito.
La prima libera uscita: mi ricordo che l'ordine era di
rientrare alle ore 22,00 e considerato che il tempo non era poi
così tanto, io e Gino decidemmo di non allontanarci troppo dalla
caserma.
All'inizio di Via Di Gello, oltrepassato il negozio del
fotografo e girato l'angolo, sulla sinistra c'è una pizzeria,
lì decidemmo di andare a mangiare una pizza; appena entrati ci
accorgemmo che eravamo gli unici clienti in divisa e la cosa ci
mise un pò a disagio sia per la divisa che ci rendeva un pò
impacciati, ma soprattutto per il taglio dei capelli. La sensazione
comunque sparì quasi subito
perchè il locale incominciò a riempirsi di altri "allievi" come
noi. Avevano avuto tutti la stessa idea.
Alle 21,45 rientriamo in caserma, siamo in anticipo ed
abbiamo tutto il tempo di prepararci per il contrappello: cubi
ben squadrati, scarpe lucidate a specchio.
Ore 11,45 , contrappello: in cortile piovono scarpe,
anfibi e due
cubi; forse non tutto era perfetto.... |