Caro diario, Pisa 18/01/1979

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la prima libera uscita in "drop"

Questa mattina abbiamo preso lo zaino valigia  ed in quadrato ci hanno portato in magazzino a prendere il vestiario.Entrati ci hanno fatto spogliare dei nostri abiti civili, eravamo praticamente in mutande, in uno stanzone privo di riscaldamento dove l'unico tepore proveniva da una piccola stufetta elettrica posta in un angolo. Prima di tutto ci hanno preso velocemente le misure e vicino alla predetta stufetta, ad uno ad uno abbiamo provato le taglie che ci indicavano.

Poi uno alla volta siamo passati in una stanza attigua dove abbiamo ritirato il nostro corredo che consisteva in una maglia con maniche lunghe da sotto con relativi calzoni lunghi , di lana (che nessuno di noi ha mai adoperato tranne per qualche servizio di guardia notturna quando faceva veramente freddo), un paio di canottiere verdi, una tuta da combattimento (quella verde), tre paia di calzini, una drop completa di camicia cravatta golf giacca pantaloni e cintura, scarpe da libera uscita, anfibi e basco (detto "discovolante" da grande che era).

Ci siamo rivestiti e posto tutto il corredo nello zaino , siamo ritornati in camerata dove i nostri caporali  ci hanno insegnato ad indossare gli abiti militari.

Abbiamo finalmente indossato la tuta da combattimento con gli anfibi; non ci sentiamo più dei civili, ora siamo a tutti gli effetti degli "allievi paracadutisti" orgogliosi del nostro "discovolante" amaranto in testa.

Pomeriggio ore 14,40: siamo pronti per i primi insegnamenti. Ci conducono in quadrato nel piazzale antistante le "torri" vicino al "percorso di guerra" e quì si incomincia a marciare; gli anfibi nuovi stentano ad adattarsi ai nostri piedi che già fanno male ma i nostri istruttori ci dicono che col tempo ci abitueremo.

Impariamo così i vari comandi come il  "passo" sul piede sinistro, il volta a destra e sinistra, il dietro front ecc. ecc..(durante le marce abbiamo diritto ogni mezz'ora a 5 minuti di riposo). E così avanti fino alle 18,00.

Siamo stremati ma consci di aver ben superato anche questa giornata e contenti ritorniamo in camerata a prendere gavetta e gavettino per andare a cenare.

Alla sera, la nostra prima libera uscita; il nostro caporale ci ha insegnato come si indossa la drop e alla fine  ha consegnato a ciascuno un biglietto con il numero di telefono della caserma raccomandandoci di tenerlo sempre in tasca assieme al resto dell'"equipaggiamento d'ordinanza" che comprendeva obbligatoriamente: un gettone telefonico - un pettine - trenta centimetri di carta igienica - una spilla da balia - un bottone della drop - ago e filo. 

ATTENZIONE, se la ronda ci fermava e uno di noi veniva trovato sprovvisto di uno solo degli oggetti sopra elencati, era punito.

La  prima libera uscita: mi ricordo che l'ordine era di rientrare alle ore 22,00 e considerato che il tempo non era poi così tanto, io e Gino decidemmo di non allontanarci troppo dalla caserma.

All'inizio di Via Di Gello, oltrepassato il negozio del fotografo e girato l'angolo, sulla sinistra c'è una pizzeria, lì decidemmo di andare a mangiare una pizza; appena entrati ci accorgemmo che eravamo gli unici clienti in divisa e la cosa ci mise un pò a disagio sia per la divisa che ci rendeva un pò impacciati, ma soprattutto per il taglio dei capelli. La sensazione comunque sparì quasi subito perchè il locale incominciò a riempirsi di altri "allievi" come noi. Avevano avuto tutti la stessa idea.

Alle 21,45 rientriamo in caserma, siamo in anticipo ed abbiamo tutto il tempo di prepararci per il contrappello: cubi ben squadrati, scarpe lucidate a specchio.

Ore 11,45 , contrappello: in cortile piovono  scarpe, anfibi  e due cubi; forse non tutto era perfetto....